mercoledì 5 marzo 2008

I dubbi di Guaccero e Osvart

(in edicola il 28 febbraio 2008)

Le altre due protagoniste di questa edizione 2008 del festival di Sanremo, dopo il fantasma della musica leggera e Toto Cutugno in carne ed ossa, sono le due vallette Bianca Guaccero (1981, bitontina, che balla, canta, parla in inglese) e Andrea Osvart (1979, ungherese, che stona, litiga e ha studiato). Si è scelto, per le prime mandate, di non farle comparire insieme, ma di dedicare una puntata a ciascuna delle due, per evitare in fondo l’effetto veline, bruna e bionda come sono anche questa volta. Come il giorno e la notte, che non si incontrano mai, anche loro due simboleggiano due aspetti fondamentali della vita, anche se in particolare del vallettismo e della co-conduzione in generale: una, l’essere bella e brava, pur non volendo altro che essere solo bella, e risparmiarsi tutti possibili i conflitti con le solo brave (spesso anche solo quarantenni); l’altra, l’essere solo bella, e fare di tutto per sembrare anche brava.

Bianca canta infinitamente meglio in playback, mentre danza, piuttosto che dal vivo al piano di Sergio Cammariere. Andrea invece stecca felice, coraggiosa, quasi impertinente nel suo modo di volerlo fare diretta da Peppe Vessicchio, eppure senza seguire con la sguardo neanche per un instante in famoso ciuffo bianco che gli fa da bacchetta. Anche alla luce delle loro rispettive performance coi tre giornalisti-vecchioni del dopofestival (che, alla seconda puntata, si rivelano ormai presenza fissa), Bianca è infinitamente più trattabile e conversativa di una Osvart che, appena può, si risente e ammutolisce, come se non sapesse che questo è il livello cui una mezza dozzina di anni di dopo-reality hanno ridotto, non diciamo la televisione italiana, ma addirittura le menti di giornalisti anziani della carta stampata.

Osvart rifiuta il salame che la Agosti le offre, non si sa se perché ha studiato e dunque conosce la possibilità di metafore sconvenienti; Guaccero invece non si pone il problema neanche per il tempo di un sorriso in più (anche se in sfavore di camera) e fa il verso di mangiare, con tanto di pane di accompagnamento, il detto insaccato. Non si capisce perché Lucilla le dica che non avrebbe potuto rifiutare in quanto pugliese, come se fosse una tipica espressione della pugliesità non rifiutare i salami offerti nei dopofestival o comunque nei dopolavoro. Successivamente, Guaccero finge molto meglio dell’altra di mangiare ed è per questo che le perdoniamo la pizzica tarantata ballata durante la trasmissione: perlopiù fingendo di essere un ragno, e muovendo per il palco a quattro zampette e la schiena inarcata (a dorso di ragno, dobbiamo supporre).

Nella seconda puntata, come si sarà forse notato, uno dei vecchioni è una donna, eppure si complimenta con ancora più fervore dei colleghi del tutto uomini con Bianca. Non avevamo bisogno di molto altro per decretare il suo trionfo sull’algida Andrea. Eppure, il modo in cui la pugliese ammette di aver fatto solo uno Zecchino d’Oro regionale, da bimba, e non nazionale come buttà lì la Agosti; le sue risposte alle domande più insidiose dei vecchioni su quanti anni abbia; e, soprattutto, la versione con fisico aggiornato della stessa canzone che davvero portò allo Zecchino (Cane e Gatto, simbolo del rapporto coi vecchioni, involontariamente), ci tolgono ogni ultimo barlume di possibile dubbio.

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