mercoledì 5 marzo 2008

L’innovativo The italian job

(in edicola il 23 febbraio 2008)

Domenica scorsa su La7 è andata in onda la prima puntata di The italian job, con Paolo Calabresi, un programma innovativo, coraggioso e meschino al tempo stesso. Un titolo e un concetto geniali al servizio di un bravissimo attore, per fortuna ancora poco noto al momento della realizzazione dei filmati e della candid, portate avanti con una straordinaria proprietà di linguaggio e con un grado di realismo elevatissimo. Cose che forse finiranno con questa prima edizione, non solo per la delicatezza dei temi trattati - e la probabile indelicatezza, a posteriori, delle sue vittime, ma anche per la stessa visibilità del loro protagonista che in questi giorni è aumentata, per forza di cose, a dismisura. Il titolo, naturalmente, prende le mosse da quello del film con Micheal Caine e del suo fortunato remake del 2003, omonimo: vuole rappresentare, una volta di più, una delle cose che ai nostri compatrioti riesce meglio, ossia inventare nuove realtà (lo abbiamo fatto per secoli con la pittura e l’architettura, solo per fare due esempi), e saperle sfruttare a nostro vantaggio (lo facciamo tutt’ora attraverso la politica e la televisione, sempre, solo per fare due esempi).

Il concetto è presto detto: un bravo attore, che ne sa molto della vita, oltre che della recitazione (complici anche i bravi autori che lo sostengono), fingendosi un altro (in questo caso un ricco russo con desideri di investimento su sale da gioco solo apparentemente irrealizzabili) svela magagne, imbrogli, raggiri e soprattutto corruzione nel nostro paese. Calabresi, che è stato l’ottimo Benedetto Giulente degli ultimi Vicerè cinematografici (quelli di Roberto Faenza) ha da tempo la perversione di impersonare, nella vita reale, dei personaggi dello spettacolo che, spesso, non riesce a rendere imbarazzanti in occasioni pubbliche più di quanto non sarebbero del resto in grado di fare essi stessi, nei loro panni. Lo fece con lo staff del Milan quando, travestito da Nicholas Cage, ottenne ben otto biglietti per una partita del Milan, e conversò amabilmente con Adriano Galliani in tribuna d’onore, riverito come una star, con tanto di amici d’infanzia nel ruolo di sue guardie del corpo.

Il Sergei di Calabresi - il nome del suo indimenticabile russo baffuto e dalla battuta pronta - è spesso divertente come un Borat, non privo dei suoi eccessi e dei suoi tic, di cui lo dota l’interprete, con cui il pubblico, di scena in scena (che sono numerose, in diverse location e tempi) stabilisce quasi un rapporto affettivo, ed è dura alla fine vederlo “morire” in nome dello smascheramento necessario, quando però, del resto, è già avvenuto quello, ben più triste, delle sue vittime prescelte. The Italian Job è come uno Scherzi a parte in cui si scherzi sul serio, con le stesse persone che, però, scherzano un po’ troppo con le loro posizioni e con il resto dei cittadini. È chiaramente crudele, estremo, a tratti vigliacco, ma mai come lo sono i personaggi che ha preso e prenderà di mira, ancora, per tre puntate. Domenica alle ore 21 e 30 la prossima.

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