venerdì 12 ottobre 2007

Quella casa di bambola di “Very Victoria” Cabello

(in edicola: 11 ottobre 2007)

Vispa eppure relativamente elegante, italiana ma non troppo, Victoria Cabello – nonostante il fatto che non abbia più l’età per passare da ragazza di “Non è la Rai” mancata – rappresenta tutt’ora un’avanguardia mai imborghesita. Anche perché, con quella parlantina e tutto quel tempo per lo shopping, signorina e anticonformista insieme lo è sempre stata. Sono intere stagioni – per tacere dello sfacelo sanremese – che il suo obbiettivo è quello di riformare dall’interno un genere televisivo stranamente ancora in voga: il talk show condotto da donne intelligenti. E “Very Victoria” (in onda su MTV ogni martedì, mercoledì e giovedì alle ore 22 e 30) non sbaglia neanche quest’anno. Innanzitutto, perché la prima ospite della prima puntata è Valeria Marini, e si riesce a sfuggire perfettamente al solito gioco complessato di volerla far apparire una donna normale o comprensibile razionalmente, ma si accetta invece, fellinianamente e dionisiacamente, l’impossibilità della sua esistenza in un mondo fatto di cose concrete e donne reali. Lasciandoci temere che i suoi coscioni possano non superare – così come li vediamo dentro – la soglia dello studio e, all’uscita, dissolversi nella sera milanese come se fossero esistiti solo nel mirino sfocato di un cameraman di primo pelo.

Ma non sbaglia anche e soprattutto perché, come per un contrappasso dantesco particolarmente perverso e azzeccato, il secondo ospite, Fabio Canino, ex-iena e conduttore radiofonico omosessuale dichiarato, non fa altro che una gustosa parodia volontaria del gay, alla moda e archetipico, per tutta la durata della sua intervista. Cominciando col comparire fra i due valletti in smoking ringraziando il pubblico alla maniera di uno stilista medio, con bacetti e timidezza d’ordinanza; per poi felicitarsi ripetutamente dell’esistenza di calciatori e convincerci sempre più di essere un ottimo showman, forse recentemente troppo sfortunato con “Votantonio”, su Rai Due lo scorso maggio. Unico calo spirituale dello spazio a lui concesso è il momento del gioco con Fabio: la sfida con due travestiti da Raffaella Carrà su domande su Raffaella Carrà, stravinta, fra l’altro meritatamente, dall’unico senza parrucca dei tre.

La scenografia del programma di Victoria è cambiata di poco, sempre accattivante. Soprattutto, è comparsa una scala sontuosa, ma che non conduce da nessuna parte: amaro simbolo, ennesima tristezza, per niente celata, del ricordo di Sanremo. I due cavalli rampanti ai lati delle poltrone per ospite e conduttrice sono stati tappezzati di una pelliccia ecologica rosa. Altro mesto ricordo, invece di un ex-show, di un ex-fidanzato installatore? Interessante l’idea di porre in studio una scatola di plexiglass che, invece di essere vuota e taciturna come fu quella di Flavia Vento nel primo “Libero” di Mammuccari, è ammobiliata e ciarliera, bontà della sua abitante: Marisa Passera, detta, più spesso, “la Giada”. La scatola riproduce in piccolo la scenografia della Cabello. Una sorta di casa della bambola, metaforica ma a grandezza naturale, simbolo della televisione che si accasa, in cui sarebbe potuta finire intrappolata anche Victoria se non avesse il coraggio di essere se stessa – o di fingerlo benissimo – anche in questa sua edizione.

Nessun commento: