venerdì 11 gennaio 2008

Dagli Usa Ballarò alla ricerca delle diversità



(in edicola il 10 gennaio 2008)

Solo per la qualità dei servizi in esterna, la puntata di Ballarò di questa settimana merita di essere ricordata come una delle più memorabili della stagione, anche se è dedicata ai sistemi elettorali e in una certa parte al problema dei rifiuti in Campania, probabilmente gli uni come metafora dell’altro. E’ innanzitutto affascinante notare come ancora una volta, come sempre nella trasmissione di Giovanni Floris, il dialogo fra diretta in studio ed rvm fuori sia serrato e sempre originale. Questa volta, si tratta di far notare le differenze fra noi e l’America. Finché di una tema così se ne può occupare anche Floris (e non solo Crozza e i vari comici dell’assurdo, un giorno che le differenze saranno finite), ne possiamo parlare a nostra volta con un certo sollievo. Indimenticabile la scena in cui un giovane repubblicano si converte davanti al solito pubblico delle grandi occasioni, in qualche centro congressi dell’Iowa. Metà del pubblico sono donne che gridano in estasi come se Benny Hinn il predicatore a televisivo avesse guarito Umberto Galimberti (che, del resto, è ospite in collegamento) dalla somiglianza con il comico anni ‘80 Enrico Beruschi.

L’altrà metà lo saluta distrattamente sollevata e un po’ rassegnata, come quando degli alcolisti anonimi ti accolgono tutti con lo stesso saluto e sorriso, quando ti presenti per la prima volta, almeno nei film. Riguardo a Galimberti, ricordiamo come una sorta di doppio consiglio materno tardivo o immaginario – in ciascuno dei due casi non ci è stato purtroppo dato in tempo – come forse bisognerebbe sempre diffidare di un filosofo che accetta che il suo titolo da titolo sottopancia sia effettivamente “filosofo”. E’ qualcosa che da tempo anche Massimo Cacciari rifiuta puntualmente. Avremmo capito anche maestro di vita, guaritore, giornalista. La seconda parte del consiglio è di diffidare da chi si definisca filosofo e somigli moltissimo a Enrico Beruschi, anche nell’accento. Cesare Salvi, a modo suo, molto civilmente, ha capito tutto e ride pochissimo. Un muro più amaro del solito, fa da scenografia alla puntata: due topini-pubblico che osservano le rovine della televisione per come la conosciamo, rappresentata sottoforma di rifiuti tecnologici (monitor, parabole) che riempiono una discarica in cui i due non pensano neanche per tutto il formaggio del mondo (ce ne fosse!) di soffermarsi.

Mentre, sulla sinistra, continuano ad arrivare nuovi rifiuti, ancora più à la page dei televisori: sacchi pieni di euro, un uomo intero in giacca e cravatta, una bilancia rotta, antico simbolo dell’ingiustizia. Invece Maurizio Crozza, cui è affidata l’apertura della puntata, è un po’ sotto la sua media, e si esibisce nel tipico lato oscuro della sua comicità: svarioni di francesismi sul tema del paragone fra Sarkozy e Prodi che fanno ridere solo l’educatissimo Enrico Letta, anche perché viene prima nominato da Crozza e poi inquadrato puntualmente dalle telecamere. Un uomo in maglione brilla nel parterre, ospite come gli altri, ma non ha nemmeno un maglione colorato strano alla Crepet che, pure, basterebbe a sconvolgere sempre Vespa: si dice sia un vero sindacalista, si chiama Raffaele Bonanni e speriamo che a Ballarò resti come ospite fisso un po’ alla Tremonti dei vecchi tempi.

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