lunedì 7 gennaio 2008

Stop a Parla con me? Speriamo sia una bufala



(in edicola il 22 dicembre 2007)

Quello che riguarda la fine anticipata delle trasmissioni di “Parla con lei” - dopo la puntata del 16 dicembre - e di conseguenza di una certa parte della Serena Dandini televisiva (quella che più apprezziamo, non solo come spalla-autrice, ma anche come conduttrice di se stessa), è l’altro rumour che non avremmo voluto sentire, quest’anno, dopo la notizia della chiusura del Teatro Ambra Jovinelli di Roma, per come la stessa Dandini lo aveva reinventato e gestito per anni. Si è subito rivelato ampiamente falso.Il peggiore, di gran lunga, è naturalmente quello sulla possibilità di una stretta collaborazione, e per giunta domenicale, fra Dandini e Simona Ventura, e magari proprio frutto di una possibile, ma scongiurata, sospensione della trasmissione di Rai Tre. Il fatto che in particolare questo secondo “sentito dire” non sia mai neanche una volta stato smentito, ci fa concretamente sperare che anche in questo caso si tratti di un’invenzione totale. Un buon programma come questo, può durare anni ancora, continuando ad essere relativamente non solo al passo, ma anche avanti coi suoi tempi.

In qualche caso, più che buono, è ottimo: basti ricordare l’intervista doppia a Carlo Verdone e Silvio Muccino, che riuscì in un solo colpo a farci parzialmente riabilitare Muccino e a mostrarci in atto la leggendaria ipocondria di Verdone. Non toglieteci una Dandini che si è slegata, parrebbe ormai in maniera del tutto definitiva, dal solito ruolo dell’autrice che, per comparire in scena, deve parere goffa, un po’ secchiona, al limite benpensante e comunque goffa, come un albatro su un ponte di nave o – fatte le dovute proporzioni – una colomba in una piazza d’armi, com’è la televisione italiana. Una disturbatrice che, insomma, per poter disturbare, deve continuamente, retoricamente proporre il silenzio o, peggio, la retta via, al comico “irregolare” che occupa tutto il resto della scena. Un piccolo classico, ma che può stancare alla lunga. Parla con lei ha dimostrato, nel corse delle edizioni, che invece quella comicità, prodotto sì di qualche istante di pure genio e intuizione, ma affidato a qualche esecutore (anche quando quel genio si chiama Corrado Guzzanti, beninteso, e quindi diciamo tutto questo un po’ più controvoglia) si può diluire, ammaestrare e distribuire nel corso di un’intera intervista a un politico, a un attore, a un regista, ad esempio. E non per questo perdere di fascino o di irrealismo, se la comicità è anche questo, e lo è senz’altro.

Ma senza perdere, qualche volta, l’occasione di adattarsi alla realtà, per una volta senza scimmiottarla. Questo programma, se pure fosse mai in qualche modo sospeso, continuerebbe ad avere un grande merito: in fondo, quello di non essere stato adatto a questi tempi terribili – come parecchi illustri suoi colleghi hanno saputo dimostrare sulla loro pelle contrattuale - per la televisione e per la maggior parte delle restanti vie per l’espressione dei talenti italiani, in Italia, per vie che un tempo si sarebbero definite “artistiche”, ma che ora possiamo dire anche solo “autentiche”. Le quali due parole , che non sono quasi mai state sinonimo, oggi, che da Maria De Filippi si fingono anche i preliminari.

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