mercoledì 16 gennaio 2008

Little Britain, un programma consigliato ai giovani

(in edicola il 15 gennaio 2008)

Little Britain (MTV, ogni domenica, ore 23), col doppio vantaggio di essere una serie molto interessante e non doppiata in italiano (ma solo ben sottotitolata, cosa che farà bene a più di una dizione, visto che, fra l’altro, l’inglese che parlano i suoi personaggi è quello britannico), è un programma che consigliamo a tutti i giovani fuori e dentro che siano stanchi di avere come primo referente per la rappresentazione della tarda adolescenza Maria De Filippi, e Maurizio Costanzo per la tardissima. È uno dei programmi televisivi trasmessi in Italia meno corretti politicamente dai tempi, forse, di Cinico Tv di Ciprì e Maresco, che riposino in pace nel loro semi oblio, cui di tanto in tanto li tira fuori un qualche omaggio meritevolissimo. Su alcuni temi, come l’accettazione delle possibili diversità anche nelle società apparentemente più evolute, ha toni da South Park, ma tutt’altra profondità, creata forse dal fatto che chi, in fondo, dice tutte queste parolacce, stavolta è una persona in carne ed ossa, che somiglia tanto di più di un cartone animato a chi, quelle parolacce, è costretto dalla realtà a dirle davvero.

L’obbiettivo di Skins è dunque raccontare la vita di un gruppo di giovani inglesi (e dunque di qualcosa di molto, molto simile a un gruppo di giovani globali), alle prese con il loro più grande problema: avere il diritto di fare quanti più errori riescano in una puntata e, beninteso, senza per questo avere per un solo sottofinale il tempo di correre troppo ai ripari. Ogni puntata è costituita da una serie di sketch, con personaggi ricorrenti, ognuno dalla forte personalità e col suo corredo di battute tipiche e cavalli di battaglia. Dire che a volte gli sketch si avvicinino a un ricordo, sebbene attualizzato, dei Monty Python, lo sentiamo a fior di labbra per una buona parte della loro durata. Come tutti gli show televisivi che deriva più o meno del tutto da uno show radiofonico, Little Britain è scritto con l’attenzione per i dettagli e le ambientazioni con cui, ormai, si realizzano palinsesti interi sui canali generalisti italiani, e anche per qualche anno. Dove più eccelle il grande lavoro di squadra dietro Little Britain è nella rappresentazione dell’omosessualità. Gli sceneggiatori sono in grado di andare così di fino e di complesso, che sanno metter su un finto matrimonio lesbico in una casa di matti, in cui una delle due spose chiede a un gay dichiaratissimo (di tipo Village People) di aiutarle ad adottare un bambino, fingendosi il compagno di una di esse.

Suscitando così l’indignazione del gay (omosessuale conservatore), che le accusa di essere “due lesbiche”, aggiungendo che “non è giusto che alleviate bambini”. La sua conversione verso la latente normalità, che è il vero capolavoro comico della puntata di domenica (quella di cui stiamo parlando) è quando sostiene che una delle ragazze a fare da damigelle alle due sia troppo carina per essere lesbica, da cui viene insultato, per finire poi per uscire di casa sbattendo la porta, affermando che la casa di matti in questione sia un posto troppo omofobico per lui. Da domenica prossima, al termine della puntata di Little Britain, prenderà ad andare in onda anche l’attesa serie Skins, sempre dal Regno Unito, con molta volontà di essere una versione adolescenziale, e più “seriale in senso stretto”, del successo del programma di Matt Lucas e David Williams.

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