lunedì 18 febbraio 2008

Friedman insuperabile ad Artù

(in edicola il 16 febbraio 2008)

L’ospitata di Alain Friedman da Artù, giovedì sera, è ancora più folgorante di quella di Casini da Santoro. Eppure Casini ha parlato per un quarto d’ora di idiozie sugli omosessuali pronunciate da suoi compagni di partito, mentre Maurizio Belpietro rideva, soprattutto all’espressione “arrotarli”. Non che abbiamo niente di particolare in favore degli omosessuali, soprattutto quando cercare di adottare, o di adottarci. Però Casini ha fatto senz’altro un colpaccio con quel dialogo, cattolicesimo illuminato quanto basta e via di parlantina con la “zeta”. Ma tant’è. Non tutto il bene viene per giovare, evidentemente, di pari passo col male (come lo stesso sulfureo Belpietro, del resto, che riesce comunque sempre più amabile, mano a mano che invecchia, molto bene del resto. Questa parentesi è stata aperta per farlo sogghignare per tracce di froceria, comunque). Fatto sta che Friedman da Gene Gnocchi è stato insuperabile.

Non contento di aver rivoluzionato per sempre il nostro concetto di divulgatore economico in televisione, se ne avevamo già uno, Alain è anche l’uomo dall’accento straniero meglio affettato che conosciamo, meglio anche di Ela Weber ed Heather Parisi messe insieme a dialogare in cinese mandarino a una convention poco coinvolgente. La puntata di Artù è dedicata all’inutilità delle banche e delle pensioni (in generale, dunque, all’economia perditempo). E Alain non poteva mancare davvero. Forte del video introduttivo, magistrale, che rappresenta due pensionati che rapinano in quattro modi diversamente ingegnosi la stessa banca, si collega da Londra, e niente è come prima.

Sornione, straniero eppure furbissimo, l’economista professionista consiglia come soluzione al problema delle rapine invertite (quelle che le banche fanno a noi) un uovo di Colombo, una soluzione dietro l’angolo, e poco economisti noi a non pensarci: fare più “shopping” fra le banche. Perfino la sosia di Beatrice Borromeno, neanche tanto nascosta, fra il pubblico, riesce a ridere di quella che non è, infatti, una battuta. “Dobbiamo imparare a spostare il business da una banca all’altra. Bisogna saper scegliere fra le banche, quando non ti danno soddisfazione”. Ha una risposta davvero per tutto. Tranne che alla domanda sulla carenza di belle donne agli sportelli delle banche, non sapendo cosa significhi “la gnocca”. Inglese anche se americano, risponderà non troppi secondi dopo: “Forse sono tutte andate a lavorare per Alitalia”. E’ sempre interessante come alcuni programmi di satira, debbano essere spesso in dubbio se far imitare un personaggio come Friedman da attori, oppure farlo interpretare da se stesso, risparmiando sui costi di un Crozza, di un Max Tortora, e guadagnando spesso in comicità. Friedman è davvero l’emblema dell’ospite non incisivo, non rilevante, eppure sempre al suo posto, dove c’è bisogno di qualcuno che, pure nel mezzo di una tragedia come quella del customer care delle banche italiane, o anche solo quella della loro esistenza, riesca a farti pensare che ci possono essere ben altri problemi a farla da padrone, anche se sbarchi il lunario, e perfino nella capitale britannica.

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