venerdì 15 febbraio 2008

Troppo relax per Markette

(in edicola il 14 febbraio 2008)

Markette, forse, si sta rilassando troppo. E non che questa stagione abbia particolari allori su cui farlo. Martedì si avvia stranamente lentissimo, con un’intervista al paparazzo Massimo Sestini svogliata e priva di qualsiasi conseguenza comica o anche solo vagamente chiambrettiana. Dieci minuti di Chiambretti Speciale (la solita anteprima furba alla Antonio Ricci che spezza in due il programma, ai fini del miglior rilevamento Auditel possibile) dedicati a come sia spericolato questo fotografo, che riprese il parto di Brigitte Nielsen, e che è ormai talmente famoso che viene paparazzato a sua volta, e deve nascondersi e camuffarsi come una star. Quando Sestini comincia ad aver voglia di definire il confine fra diritto di cronaca e privacy - e con che faccia, seriosissimo, quasi inalberato - ci rendiamo conto che qualcosa non è andato nel consueto svolgimento delle funzioni dei collaboratori di Chiambretti, come se fosse una puntata che vada a un solo gemello riminese o con qualche ballerina di troppo, che non sfigura ma appesantisce.

Ha dei pantaloni rossi, con cui si sarebbe potuto mimetizzare solo a Ostia la notte estiva fino a un anno fa, e porta molto rancore a tutti quanti quelli che non gli dicano che è molto più di un paparazzo. Sempre molto seriamente. Ci vuole Jo Champa in persona che annunci una sua rubrica di markette internazionali, prossimamente su La7, per ridare animo a pubblico e Chiambretti, oltre a restituirci entrambi i gemelli in forma smagliante, cioè un poco ulteriormente ingrassati e molto di buon umore per questo.
Un giovane nel parterre ha tanti anelli alle dita delle mani quanto anni di carriera come cromatologo free-lance: troppi per non affascinare la nonnina che gli siede accanto, e per non meritarsi un saluto ad personam da Chiambretti che annuncia il primo vero ospite: Aldo Nove.

Le stagiste lavorano come sempre al loro compito: leggere per finta, davanti al pubblico, i libri che noi non avremmo il coraggio neanche di scroccare in una Feltrinelli. Sono un simbolo riuscitissimo dell’antivelina: non la donna come metafora dell’ispirazione terrena di molte notizie, e di interi modi di fare notizia (testate giornalistiche comprese), ma come risultato dell’informazione, effetto della culturalità, quando ricevute abbastanza superficialmente, se di cattiva qualità, da non modificare il buon gusto e i bei capelli. Riescono sempre ad avere una buona parola per qualunque scrittore – anche Moccia, se solo Chiambretti volesse - e, sorridendo graziosamente, ne incoraggiano la lettura in cambio di quei sapienti tocchi di obbiettivo che ce le rende così desiderabili.

Con Aldo Nove non avrebbero questo compito, così grato. Uno dei pochi scrittori relativamente alla moda che è meno simpatico di persona che nei libri che scrive, Aldo non si toglie il cappotto neanche in studio, con tutto il rispetto, e parla con una voce da candidato doppiatore di Woody Allen in italiano in un post Oreste Lionello che non vorremmo davvero mai immaginare.
Eppure Costantino-Maga Maghella – chiaramente ubriaco dell’Heineken che non si riserva di mettere da parte - ha una carta da tarocco prontissima per lui e il futuro del suo ultimo libro, appena viene il suo turno di esporre: l’arma chimica (spopolerà, sottotitola). Costantino ingiustamente buono da ubricaco non si può vedere. Nove, del resto, non è per niente sollevato. Sipario.

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