giovedì 7 febbraio 2008

Se Mediaset fa acqua sul web

(in edicola il 6 febbraio 2008)

Se c’è un campo (e pure importante) in cui i nostri due maggiori network televisivi, Rai e Mediaset, non temono la concorrenza reciproca, è quello dei portali web. L’una - la rete pubblica - forse perché è ragionevolmente convinta di essere superiore in tutto e per tutto alla rivale. E non parliamo solo dell’immensità delle sue “Teche” (l’archivio dello scibile Rai) o dei suoi forum e blog, peraltro molto, molto limitati nell’effettiva usabilità. L’altra, quella privata, perché si dimostra mese dopo mese, upgrade dopo update, evidentemente non ancora interessata ad avere una reale presenza su internet. E questo, non solo perché Mediaset sembra essere ancora del tutto ignara del cosiddetto “secondo” web (per il blogger inflazionato: 2. 0) , quello della rivoluzione anti-copernicana che porta l’utenza, e non più solo il produttore di contenuti, al centro dell’esperienza della comunicazione, o della non-comunicabilità, che dir si voglia. Attraverso una facilità mai conosciuta nella storia, da parte del fruitore di altri media, a esprimere opinioni il più possibile grammaticali sullo stesso media che propone i contenuti da commentare, condividere, infamare. Con moderazione o senza, con moderatori o gli autori stessi che hanno voluto la bicicletta, e commentano a loro volta i commenti dei loro fan o nemici personali.

Il tutto su una stessa piattaforma più semplice e leggere dei grossi portali che hanno conosciuto il loro apice, e il loro fallimento, nella “prima repubblica” del web, anche italiano. Chi voglia demolire più o meno educatamente un servizio di Tg2 Costume e Società su quanti siano i peccati che ancora ad oggi Valeria Marini deve perdonare a Vittorio Cecchi Gori (edizione recentissima) , può farlo non solo sul suo blog personale illeggibile o non letto, ma anche a partire dai vari link a gruppi di discussione che sono ben visibili nella home istituzionale Rai. Se ha perso quel servizio, o non ricorda esattamente se la supposta cocaina fu trovata in auto o a palazzo Borghese, con una certa abilità nel cliccare e ricliccare lo troverà nella pagina dedicata al telegiornale di riferimento, per poi demolirlo con ancora più cognizione di causa. Mediaset non propone neanche i suoi canali e i loro programmi, non diciamo in streaming diretto - come avviene per fortuna per tutte le radio italiane, e per qualche canale tv locale particolarmente illuminato o sovvenzionato - ma nemmeno in forte differita, se non a pagamento, grazie all’assurdità della piattaforma Ri-Video, dai costi incerti e dal sistema di pagamento da sito di suonerie e sfondi di cellulare. Figuriamoci la suddetta interattività con l’editore.

L’unica concreta utilità del portale Mediaset. it è controllare la fonte più autorevole possibile sugli orari di distribuzione dei palinsesti. I più affezionati di Claudio Brachino lo troveranno più o meno ovunque nella pagina, costretto in un banner intermittente e fastidioso come un insetto dalle fattezze particolarmente antropomorfe, che ci ricorda il prossimo tema del programma Top Secret: “Un gruppo di ricercatori alle prese con un mostro”. Opera certamente di qualche content editor in vena di ammutinamento. Il tutto in un’atmosfera da web fine anni ’90, retrò e citazionista delle difficoltà tecniche a gestire contenuti video e audio che c’erano a quei tempi, ora ampiamente risolte da semplici accorgimenti come una certa coscienza, una certa voglia di aggiornarsi e una forte dose di quell’atteggiamento noto come autocritica.

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