martedì 27 novembre 2007

Con Celebrity Death Match trionfa la parodia grossolana



(in edicola il 24 novembre 2007, anticipazioni e commenti qui)

Celebrity Death Match è uno show animato di Mtv che, dalla sua prima edizione ad oggi - che si è alla quinta stagione, e al decimo anno dalla prima messa in onda - non smette di peggiorare e di stupire per il fatto che un programma così povero di idee possa avere successo. Ogni puntata rappresenta degli incontri di wrestling mortale fra due o più pupazzetti che parodizzano delle star sopravvalutate nordamericane. Di norma, quando qualcosa di scritto tanto male ha tanto seguito, in televisione, si tratta quantomeno di donne concretamente in forma, e quasi mai fatte di plastilina. E meraviglia anche il fatto che si riesca a sfruttare tanto male un tema, come quello dell’iperviolenza animata grossolanamente a scopo di comicità, che altrove, e basti guardare una puntata dell’ottimo cartoon Happy Tree Friends (che abbiamo scoperto recentemente con un articolo su TvBlog di Francesca Camerino), riesce ancora a fare riflettere sulla vita o morire dalle risate, secondo i giorni e i metabolismi.

Ciò che si nota nell’edizione italiana è la buona qualità del doppiaggio, in particolare della voce del telecronista non pasticcione realizzata dall’immancabile Pietro Ubaldi, che riesce puntualmente nel difficile compito di non perdere la pazienza e mandare tutto a monte facendo la voce del pupazzo Uan di Bim Bum Bam. Le gag di quello pasticcione, detto Nick Diamond, invece, sono sempre talmente povere e infelici che una delle migliori è quella dell’ultima puntata, in cui perde il computer portatile e dichiara più e più volte di non averci niente di compromettente, dentro, arrossendo e tremando per l’imbarazzo, al punto che arriviamo a sperare che l’incontro successivo inizi presto. Uno dei personaggi più riusciti è invece il pubblico, che spesso interviene negli scontri sul ring perché innamorato di qualcuna delle concorrenti, cui richiede favori sessuali in cambio di aiuto concreto. E che spesso strappa un sorriso, soprattutto nella gestione della sua emotività, come quando gli spruzzi più alti e intensi di sangue, che scaturiscono dalle più oscure cavità di un duellante, non provocano lo stesso disgusto, nella facce tutte molto caratterizzate delle prime file, che invece suscita l’ascolto di una qualche dichiarazione d’amore o ammissione di essere incinta, da parte di Mischa Barton o equivalenti.

Qualche altra volta, sono armi non convenzionali a farci superare la soglia di un certa noia. Come i plafond di carte di credito che sono annunciati come risorsa segreta, talmente potente che immobilizzano l’avversario, e poi materialmente lo decapitano, se usate come stella ninja versione oro o platinum. Il punto è che questa serie vuole metaforizzare il tipico scontro fittizio dei talk-show di mezzo mondo, di quelli che contrappongono due politici, attori o opinionisti dal vago curriculum che magari nella vita si adorano – o, comunque, non si picchiano – e che poi sulla scena devono litigare per copione. Solo, farlo per dieci anni, sinceramente, è qualcosa che non ci sogneremmo di chiedere neanche a metafore di gran lunga migliori di questa, e non ci stiamo riferendo a roba sessuale e a Bruno Vespa.

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