venerdì 30 novembre 2007

Blob, il lato cubista della televisione



(in edicola il 29 novembre 2007, commenti qui)

Si sa che Blob (Rai Tre, ore 20 e 10), da sempre, ha il merito di mostrarci il lato cubista della televisione. Vale a dire quanto, cambiando l’ordine degli elementi – e soprattutto dei contesti – a disposizione, il risultato (il significato) cambi, eccome. Blob è la rivincita del video sulla libertà interpretativa che ha solo l’immagine fissa, apparentemente statica di una foto. Immersi nel senso di una foto, possiamo navigarci in che direzione vogliamo; anzi, lo creiamo noi il suo senso di percorrenza: andata e ritorno, quando puntiamo gli occhi sull’immagine, e quando li distogliamo. E’ come una nostra ripresa, con camera rigorosamente a mano, dell’oggetto che guardiamo. Non esiste altra immagine di quella che è compresa fra questi due momenti, ed è diversa non solo da soggetto a soggetto che la guarda, ma anche lo stesso soggetto farebbe fatica a riconoscere la stessa immagine, se la guardasse con sincerità, in momenti diversi della giornata o della vita.

Il video, invece, e soprattutto la televisione, è un’immagine del mondo, dell’esistenza o di Luisa Ranieri, che è stata già sottoposta ad una di queste osservazioni creative, ed è stata cristallizzata, catturata per sempre in un RVM o diretta che sia, ad uso di gente (il pubblico) che quella stessa visione non ha avuto. Questo, perché o quell’immagine – così interpretata – è particolarmente bella, e dunque meritevole di essere condivisa, oppure perché è particolarmente utile, e quindi degna di essere somministrata. Blob ha capito questo molti anni fa, e la sua azione quotidiana è di restituire alla libertà di un proprio personalissimo montaggio l’immagine televisiva, da immobilizzata, per quanto in movimento, che era. E, soprattutto, invita il suo pubblico affezionatissimo a fare altrettanto, magari in scala più piccola, attraverso quello strumento d’opinione, sempre sottovalutato, che è il videoregistratore. Detto questo, anche la puntata di martedì è stata magnifica.

Il parallelo fra Adriano Celentano ed Emilio Fede, magistrale. L’uno che si abbevera, mentre parla, l’altro che produce saliva, e pure parla, sono un ecosistema perfettamente autonomo dal punto di vista dei liquidi. Due modi di reinventare due generi televisivi (il varietà e il telegiornale) attraverso un simbolismo fittissimo di rimandi, di collegamenti a due idee: l’uno il proprio disco appena uscito, e l’altro il proprio cantante preferito. È come un’intervista doppia non autorizzata, un dialogo filosofico clandestino: cosa che tendono a instaurare la maggior parte degli stacchi fra un personaggio e l’altro, in Blob, ma questa volta con una perfidia e un’intelligenza ancora più flagranti. E mentre smonta e rimonta pezzi della nostra storia quotidiana, non c’è un momento in cui Blog non diminuisca e aumenti, al tempo stesso, il valore del lavorio continuo delle immagini sulla nostra coscienza e sulla nostra immaginazione. Nel riordinarle, in modo apparentemente contrario a quello proposto dai loro autori, e facendoci, d’improvviso, apparire così bizzarra o interessante una semplice intervista a Mario Borghezio, ci spiega con una precisione esemplare dove sbagliamo noi e cosa hanno indovinato tanti autori di televisione sbagliata, disonesta o solo brutta. Se basta cambiare colonna sonora a un discorso sgrammaticato per farlo sembrare solenne o irresistibilmente comico, basterebbe anche solo il tasto di un telecomando perché questo stesso rischio non si corra più.

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