(in edicola il 29 novembre 2007, commenti qui)
Si sa che Blob (Rai Tre, ore 20 e 10), da sempre, ha il merito di mostrarci il lato cubista della televisione. Vale a dire quanto, cambiando l’ordine degli elementi – e soprattutto dei contesti – a disposizione, il risultato (il significato) cambi, eccome. Blob è la rivincita del video sulla libertà interpretativa che ha solo l’immagine fissa, apparentemente statica di una foto. Immersi nel senso di una foto, possiamo navigarci in che direzione vogliamo; anzi, lo creiamo noi il suo senso di percorrenza: andata e ritorno, quando puntiamo gli occhi sull’immagine, e quando li distogliamo. E’ come una nostra ripresa, con camera rigorosamente a mano, dell’oggetto che guardiamo. Non esiste altra immagine di quella che è compresa fra questi due momenti, ed è diversa non solo da soggetto a soggetto che la guarda, ma anche lo stesso soggetto farebbe fatica a riconoscere la stessa immagine, se la guardasse con sincerità, in momenti diversi della giornata o della vita.
Il video, invece, e soprattutto la televisione, è un’immagine del mondo, dell’esistenza o di Luisa Ranieri, che è stata già sottoposta ad una di queste osservazioni creative, ed è stata cristallizzata, catturata per sempre in un RVM o diretta che sia, ad uso di gente (il pubblico) che quella stessa visione non ha avuto. Questo, perché o quell’immagine – così interpretata – è particolarmente bella, e dunque meritevole di essere condivisa, oppure perché è particolarmente utile, e quindi degna di essere somministrata. Blob ha capito questo molti anni fa, e la sua azione quotidiana è di restituire alla libertà di un proprio personalissimo montaggio l’immagine televisiva, da immobilizzata, per quanto in movimento, che era. E, soprattutto, invita il suo pubblico affezionatissimo a fare altrettanto, magari in scala più piccola, attraverso quello strumento d’opinione, sempre sottovalutato, che è il videoregistratore. Detto questo, anche la puntata di martedì è stata magnifica.
Il parallelo fra Adriano Celentano ed Emilio Fede, magistrale. L’uno che si abbevera, mentre parla, l’altro che produce saliva, e pure parla, sono un ecosistema perfettamente autonomo dal punto di vista dei liquidi. Due modi di reinventare due generi televisivi (il varietà e il telegiornale) attraverso un simbolismo fittissimo di rimandi, di collegamenti a due idee: l’uno il proprio disco appena uscito, e l’altro il proprio cantante preferito. È come un’intervista doppia non autorizzata, un dialogo filosofico clandestino: cosa che tendono a instaurare la maggior parte degli stacchi fra un personaggio e l’altro, in Blob, ma questa volta con una perfidia e un’intelligenza ancora più flagranti. E mentre smonta e rimonta pezzi della nostra storia quotidiana, non c’è un momento in cui Blog non diminuisca e aumenti, al tempo stesso, il valore del lavorio continuo delle immagini sulla nostra coscienza e sulla nostra immaginazione. Nel riordinarle, in modo apparentemente contrario a quello proposto dai loro autori, e facendoci, d’improvviso, apparire così bizzarra o interessante una semplice intervista a Mario Borghezio, ci spiega con una precisione esemplare dove sbagliamo noi e cosa hanno indovinato tanti autori di televisione sbagliata, disonesta o solo brutta. Se basta cambiare colonna sonora a un discorso sgrammaticato per farlo sembrare solenne o irresistibilmente comico, basterebbe anche solo il tasto di un telecomando perché questo stesso rischio non si corra più.
venerdì 30 novembre 2007
Blob, il lato cubista della televisione
Pubblicato da Trenulone alle 12:39
Etichette: fuoriclasse, rai3
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