mercoledì 21 novembre 2007

Una stella in mezzo al trash Giletti andrebbe rivalutato



(in edicola il 20 novembre 2007, anticipazioni e commenti qui)

Il cuore profondo della Domenica Trash all’italiana è illuminato dal coraggio di una stella, che brilla solo un’oretta: l’Arena di Massimo Giletti (su Rai Uno, nel primo pomeriggio). È un talk-show decisamente sottovalutato, per il garbo con cui è condotto, il contesto voltastomaco in cui è situato, ma soprattutto per le evidenti difficoltà di reagire alle piccole, grandi vessazioni, in termini di scelta degli ospiti, che evidentemente un destino crudele, degli autori in rivolta o egli stesso alzatosi male, impongono al conduttore di fronteggiare. Massimo sa di avere a disposizione un parterre da Leggenda degli uomini straordinari (il film in cui Dorian Gray in persona aiuta Tom Sawyer a tenere a bada Mr. Hyde, con l’aiuto del Capitano Nemo, che è vivo e lotta insieme a loro). Cioè: un nutrito gruppo di persone che dovrebbero essere solo frutto della fantasia, e invece sono lì, e non c’entrano niente fra di loro. Ma mai che si dia per vinto, Giletti, neanche quando è fra un’intervista e una pausa pubblicitaria che si rammenta, guardandosi le spalle, che Klaus Davi ancora non ha parlato.

La puntata di questa domenica, ad esempio, è dedicata al dramma di cronaca sportiva di domenica scorsa, e agli scontri fra tifoserie e poliziotti che ne sono conseguiti. Giampiero Mughini siede al suo posto, torto in una posizione da crampo passivo, perché ne procurerebbe anche a chi solo lo guardasse con attenzione: posizionato allo stesso modo da anni, forte di un qualche voto - che deve aver fatto a chissà quale divinità femminile degli anni sessanta - di non confidare mai a nessuno di quando gli scappi di andare al bagno, e men che meno in diretta televisiva, giustamente. Come tutti gli altri, all’occorrenza di un’inquadratura, esegue il suo tipico gesto: per lui, è un’indecisa smorfia di dolore e di piacere malcelato insieme, levando gli occhi al cielo, e la mente al negozietto vintage che lo rimetterà in contatto con la realtà, lunedì pomeriggio, dopo questo incubo, tuttavia sopportabile, di finire il plafond di pelo sullo stomaco. Si dimena leggermente, e poi torna in posizione d’attesa, come in un palleggiare a tennis fra lui e la coscienza di giornalista e scrittore che non si accontenta.

Alba Parietti è differente. Non può muoversi, e cerca di parlare il meno possibile, perché ha una scollatura fino all’ombelico, quasi cinquant’anni, e nessuna voglia di ricordarci anche questa volta che è una donna “ottimista e di sinistra”, come nell’immortale canzone di Lucio Dalla. Suor Paola ascolta in religioso silenzio. La nostra relativa abitudine a tutto questo, finisce per rendere la ciliegina sulla torta della situazione, non l’enorme pinguino dorato, che chiude il cerchio accanto a una suora tifosa della Lazio, ma il fatto che si definisca Paola Ferrari uno dei volti più importanti del giornalismo sportivo italiano. Paola è collegata in esterna, ed è credibile e preparata come sempre: è proprio questo il punto. Fra tutto questo, solo Massimo è ancora attaccato alla realtà. Solo un superficiale direbbe, a questo punto: “annamo bene”. Perché è nella sua persona il diaframma forse sottile, ma ancora abbastanza efficace, fra rapporto con la terra ed elogio della follia, che permette a tutti di essere trattati con la stessa condiscendenza, come se davvero si fosse in una trasmissione normale, o se tutti potessero esprimere opinioni loro, e non quelle del ruolo da presepe mediatico cui li ha inchiodati per sempre una caratteristica somatica o un cenno biografico.

1 commento:

Anonimo ha detto...

giletti in una trasmissione televisiva pubblica, non può permettersi di riconoscere titoli nobiliari in italia dove sono stati aboliti. li riconoscesse fuori della rai!